Il Reis è una misura nazionale rivolta alle famiglie che vivono in stato di povertà assoluta.
Il voto contrario di Sinistra Italiana a questo provvedimento si rivela, dunque, un segnale profondamente sbagliato a questi 400 mila nuclei familiari beneficiari. Sappiamo bene anche noi che la norma sia certamente insufficiente (sul piano meramente economico, così come sul piano politico della cittadinanza dei poveri in questo Stato), ma, comunque, verrà inteso dagli strati popolari e dal sottoproletariato come un miglioramento, anche se di poco, della propria condizione di vita.
400 mila nuclei familiari poveri, in Italia, non vedranno questo sussidio come prodotto di una lotta (per quanto critica) di Sinistra Italiana, bensì come concessione dell'avversario di classe: è la scelta tattica più antipopolare che si potesse compiere in questo momento.
La vera scissione che minaccia la sinistra è quella dalla realtà: una realtà nella quale chi dovremmo rappresentare e fare partecipare (i poveri, anche i lavoratori poveri di cui è piena l'Italia) apprezza i miglioramenti, per quanto minimi, della propria condizione. Persino il Movimento 5 Stelle è riuscito a mantenere una posizione più sensata (incredibile!), perlomeno astenendosi sul provvedimento.
Un partito capace di mantenere una connessione con il suo referente sociale avrebbe fatto con forza le proprie proposte dettagliate, ma non avrebbe votato contro 400 mila famiglie povere. Un partito serio avrebbe votato a favore del provvedimento (non trattandosi di un voto sottoposto a fiducia, non aveva alcun valore politico generale di sostegno al Governo Gentiloni) e, un minuto dopo, avrebbe lanciato una campagna nazionale per spiegare al popolo l'assoluta insufficienza del provvedimento.
La posizione della Sen. De Petris, invece, si presenta come massimalista (appunto perché dice "o tutto quello che vogliamo noi o niente") e, al contempo, estremamente moderata (perché rivendica, come alternativa, un altro provvedimento di introduzione del reddito che rimane un patrimonio politico, in giro per il mondo, dei liberali, dei socialdemocratici e, in Italia, dei democristiani, a partire da Costantino Mortati, capo delegazione DC alla Costituente).
Nella scorsa direzione nazionale, abbiamo ufficializzato la nostra intenzione di lavorare per il recupero dei compagni rimasti disorientati dagli avvenimenti del Congresso.
Abbiamo messo a disposizione del segretario nazionale tutta la nostra capacità di convinzione nei confronti dei compagni che, delusi o amareggiati, pensavano di non rimanere nel partito. Chiaramente, per il profilo marcatamente marxiano della nostra proposta, abbiamo detto che avremmo fatto questo avendo un occhio di riguardo per i soggetti più deboli: quando, infatti, rivendichiamo un partito lavorista, facciamo appello a tutti i "soggetti del lavoro", cioè a tutti coloro i quali devono lavorare per vivere, a partire, dunque, dai disoccupati e inoccupati, a maggior ragione se sotto la soglia di povertà.
Speriamo, però, che il compagno segretario non ci abbia frainteso: i nostri telefoni, infatti, sono bollenti, a causa di decine di compagne e di compagni che chiedono perché Sinistra Italiana abbia votato contro l'introduzione del Reddito di inserimento per 400 mila famiglie, e lo chiedono a noi (che peraltro non abbiamo mai fatto mistero di considerare le varie forme di reddito, anche le più radicali, come proposte moderate rispetto all'obiettivo della costruzione di una vera democrazia socialista, in cui i lavoratori non debbano percepire il salario come variabile dipendente, ma come variabile indipendente).
Facciamo un appello al segretario: abbiamo preso l'impegno di salvare il partito dalla perdita di grosse fette di militanti di base, di aderenti e di elettori, ma non possiamo fare tutto noi!
Per questo, chi fa parte della segreteria nazionale (come la Sen. De Petris, invitata permanente in qualità di presidente dei senatori di SI) dovrebbe sostenere il segretario nell'amministrare correttamente il partito, anziché tendergli dei tranelli culturali, facendo rivivere i fasti della propria gioventù demoproletaria, all'insegna del "tanto peggio, tanto meglio".